MILANO. Il primo nome che viene in mente pensando al calcio italiano in Ucraina è quello di Roberto De Zerbi, l’allenatore chiamato la scorsa estate alla guida dello Shakhtar Donetsk, avversario dell’Inter nella prima fase di Champions League, dopo le ottime stagioni sulla panchina del Sassuolo, dove ha messo in mostra un gioco divertente e innovativo.
De Zerbi sta vivendo nella capitale ucraina la paura del conflitto iniziato nella notte. Dalla camera del suo hotel di Kiev sta osservando le conseguenze dell’attacco russo sulla vita della città. È una testimonianza che intreccia a filo doppio le vicende del grande Paese dell’Est Europa perché la stessa storia recente dello Shakhtar è stata fortemente condizionata dalle ostilità tra Russia e Ucraina. Dal 2014 la squadra ha dovuto la sua casa (stadio, centro sportivo e sede) di Donetsk, principale centro del Donbass, il terreno di scontro principale dopo l’invasione russa della Crimea.
«Me ne sto in camera, è una brutta giornata – racconta De Zerbi all’agenza Italpress – ho aspettato a lungo che la Federazione sospendesse il campionato, fin da quando è successo quel che è successo col Donbass. Però non mi sono mosso, perché io sono qui per fare sport e non potevo girare le spalle al campionato, ai tifosi che ci seguono. Ho tredici ragazzi brasiliani, il mio staff… Potevamo tornare a casa almeno fino a quando non ci fosse stata sicurezza, no, abbiamo aspettato. Stanotte ci hanno svegliato le esplosioni».
Il campionato è stato fermato questa mattina dopo che l’invasione è diventata realtà e l’Ucraina ha iniziato a essere colpita anche lontano dalle zone del fronte: «Stamattina hanno sospeso il campionato e dalle finestre dell’hotel Opera abbiamo visto file di auto che si muovevano. Credo che stiano andando in Polonia. L’ambasciata italiana ci aveva sollecitato di andarcene ma non potevo, ripeto, io uomo di sport, girare le spalle al club, al calcio e andarmene così. E alla fine hanno chiuso lo spazio aereo e si sta qui». De Zerbi non ha paura: «Non credo almeno per ora che siamo a rischio, sono venuto qui per fare sport, davvero, e mi armo di pazienza. Non sono venuto per soldi, me ne offrivano di più in Italia, ma per fare esperienza. E ora aspetto. È un’esperienza triste anche questa».
L’ultimo pensiero va a un fuoriclasse che non rifiutava di entrare anche nel campo della politica: «Penso al grande Maradona che quando ce n’era bisogno diceva quel che pensava ai padroni del calcio». La Uefa ha convocato per domani mattina una riunione straordinaria del Comitato Esecutivo proprio per parlare delle conseguenze della guerra in Ucraina sulle competizioni internazionali. Anche se questa è una partita che purtroppo va ben al di là del pallone.
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